Oltre al beneficio fiscale c’è di più? Tutto quello che serve sapere sui PIR

PIR cosa sonoI PIR o Piani Individuali di Risparmio, sono un nuovo strumento di investimento istituito per portare liquidità alle piccole e medie imprese italiane.

Se ne sente parlare tanto perché una delle caratteristiche che contraddistingue i Pir è l’esenzione fiscale dalla tassazione sui guadagni. Quando si tratta di non pagare tasse siamo tutti sensibili ma, lo abbiamo detto tante volte, un investimento va valutato nel suo complesso.

Cerchiamo di capire esattamente di cosa si tratta, se convengono realmente e perché le Banche li caldeggiano tanto.

Cosa sono i Pir

Le caratteristiche principali di un piano individuale di risparmio e di chi può accenderlo sono:

  • L’investitore deve essere un privato, una persona fisica (quindi non società) residente fiscalmente in Italia
  • Ogni Codice Fiscale, può essere titolare di un solo Pir alla volta
  • Si possono investire fino a un massimo di 30 mila Euro in un anno e di 150 mila Euro in 5 anni
  • Se si mantiene il piano per almeno 5 anni si gode dell’agevolazione fiscale, ovvero non si paga il 26% sul capital gain, sui rendimenti (cedole o dividendi) e sulle successioni e donazioni

Cosa compra chi investe in un Pir

Un PIR può avere la forma di un fondo comune, di una gestione patrimoniale, di un contratto assicurativo o di un deposito titoli amministrato il cui contenuto sia composto:

  • Per almeno il 70% da titoli (azioni e obbligazioni sia quotate che non) di aziende con stabile organizzazione in Italia
  • Del 70% di titoli, almeno il 30% deve appartenere a società di medio piccole dimensioni. Società cioè non appartenenti al listino FTSE Mib

Come si fa a investire in un Pir

Al momento le Banche propongono i Pir solo attraverso la sottoscrizione di quote di fondi comuni.

I Fondi possono essere acquistati con un unico versamento annuo (PIC) o con piani d’accumulo (PAC). Chi ha frequentato INTELLIGENZA FINANZIARIA ormai lo sa bene, i PAC sono consigliati perché mediano il prezzo di accesso all’investimento riducendo il rischio.

Un investitore preparato può farsi da sé il proprio Pir seguendo le linee guida del Ministero delle Finanze, che trovate su: http://www.finanze.it/opencms/it/archivio-evidenza/evidenza/Piani-di-risparmio-a-lungo-termine-Linee-guida/

Perché le Banche propongono i Pir

Le Banche stanno caldeggiando anche attraverso la stampa finanziaria questo tipo di strumenti, sia per il guadagno oggettivo che per mantenere nel tempo i clienti.

Infatti:

  • Sull’investimento in Pir, paragonabile a qualunque altro acquisto di fondi comuni, le Banche guadagnano una commissione di gestione che può variare dall’1,20% all’1,60% annuo. Questo dato è fondamentale per valutare anche la convenienza dell’operazione
  • Una persona non può avere più di un Pir alla volta, quindi un cliente acquisito dalla Banca con questo strumento non potrà aprire un piano di risparmio analogo alla concorrenza
  • Se vuole ottenere il beneficio fiscale il cliente dovrà rimanere tale per almeno 5 anni

Conviene investire in Pir?

Per capire se conviene davvero investire in Pir calcoliamo a quanto ammonta il beneficio fiscale.

Se ipotizzo di avere un rendimento discreto, ad esempio del 5% annuo, il risparmio fiscale che ottengo è l’1,30% (la tassazione che risparmio è del 26% sul rendimento del 5%)

Considerando che per gestire il Pir la Banca fa pagare in media l’1,40% di commissioni annue, il beneficio fiscale si azzera.

Se escludiamo quindi questo aspetto rimane un investimento nel quale:

  • sono vincolato per 5 anni
  • ho un rischio di concentrazione in titoli azionari o obbligazionari dello stesso paese con un’oggettiva incapacità di valutare esattamente in che aziende sto investendo

Quindi il Pir conviene come investimento se lo paragono a un Fondo Comune tradizionale perché è lo Stato a pagare le commissioni.

Non conviene più se lo paragono a un investimento in ETF le cui commissioni variano tra lo 0,15% e lo 0,50% annuo.

I pir finanziano le piccole medie imprese

Mettere a disposizione delle aziende un capitale da poter investire per crescere e creare posti di lavoro e ricchezza, sono ottime ragioni per sostenere i Pir.

L’intento del legislatore di convogliare una parte del risparmio delle famiglie verso le piccole e medie imprese italiane è lodevole ma, dall’analisi, per ora il costo più grande (in termini di rischio e vincoli) lo sostengono i risparmiatori.

Risparmiatori che forse non dovrebbero caricarsi nemmeno dell’onere di finanziare le piccole e medie imprese.

Una volta di più: sapere esattamente cosa si sta facendo con i propri soldi aiuta scelte consapevoli e redditizie.

Giorgia Ferrari

12 commenti

  1. Adriano

    6 anni fa  

    Mi piace questo articolo perché esaustivo e per il fatto che suggerisce pure un’alternativa valida di investimento


    • Giorgia Ferrari

      6 anni fa  

      Grazie Adriano.


  2. Mauro Menegon

    6 anni fa  

    Analisi molto interessante. Chiara ed esplicativa. Quindi, se non ho capito male, è consigliabile l’investimento in P.I.R. solo se intendo vincolare il capitale per più di 5 anni e con la stessa banca. A quel punto, non versando più il 26% avrei un ritorno del 3,60% sul capitale investito ( considerando il 5% come rendimento minimo). Avrei un paio di domande: il capitale investito è garantito oppure, nell’eventualità che la percentuale di rendita sia negativa questa andrebbe a rodermi il capitale stesso?
    Posso ritirare il capitale in qualsiasi momento, come mi sembra essere l’Etf, o sono vincolato da scadenze temporali?!?
    Grazie mille e complimenti ancora.


    • Stefano

      6 anni fa  

      No Mauro, il capitale non è garantito, quindi, nonostante il mantenimento dell’investimento (di ogni singolo investimento) per 5 anni, per beneficiare dell’esenzione dall’imposta sui rendimenti (eventuali), non c’è garanzia che il capitale si conservi. Questo perché gli strumenti finanziari che costituiscono l’investimento PIR sono azioni e obbligazioni (almeno per il 70% dell’importo) che possono pertanto anche diminuire di valore, anziché aumentare.


    • Giorgia Ferrari

      6 anni fa  

      Ciao Mauro Stefano ti ha risposto in modo perfetto e aggiungerei un particolare che è forse passato in secondo piano. Il beneficio fiscale si ottiene mantenendo l’investimento 5 anni, questo non vuol dire che si è vincolati per 5 anni ma che se li disinvesti prima semplicemente perdi l’esenzione. In più, se tu versi ad esempio al quarto anno una nuova somma, solo decorsi 5 anni da quel momento maturi l’esenzione dalla tassazione.


  3. Stefano

    6 anni fa  

    1) No Mauro, il capitale non è garantito, quindi, nonostante il mantenimento dell’investimento (di ogni singolo investimento) per 5 anni, per beneficiare dell’esenzione dall’imposta sui rendimenti (eventuali), non c’è garanzia che il capitale si conservi. Questo perché gli strumenti finanziari che costituiscono l’investimento PIR sono azioni e obbligazioni (almeno per il 70% dell’importo) che possono pertanto anche diminuire di valore, anziché aumentare.
    2) Non c’è un vincolo vero e proprio, ma se si vuole beneficiare dell’esenzione dall’imposta sui rendimenti bisogna mantenere ogni singolo investimento per almeno 5 anni.


    • Marco

      6 anni fa  

      Bravissimo Stefano. Soltanto che la frase “eventuali”, riferito ai rendimenti non tassati dei Pir (dopo 5 anni si intende), non l’avrei messa tra parentesi ma scritta a caratteri cubitali. Io ne starei alla larga da questi strumenti. Dalle premesse, non mi sembra uno strumento così redditizio: è più probabile che tra 5 anni il fondo che si è creato abbia un valore minore rispetto al momento della sua sottoscrizione, che il contrario (NIENTE RENDIMENTO, NIENTE BENEFICIO FISCALE)……se proprio si vuole fare del bene alle piccole e medie imprese italiane, forse è meglio trovare il rendimento in altri strumenti, per poi spenderlo decidendo di comprare da piccoli imprenditori, dalla bottega dell’artigiano, dal vicino che tira avanti col proprio negozio, dall’amica che crea oggetti unici, da chi resiste alla globalizzazione nei nostri terrirori


    • Mauro Menegon

      6 anni fa  

      Come immaginavo. Grazie mille per la precisazione. Cordiali Saluti Mauro


  4. Dario

    6 anni fa  

    Bell ‘articolo Giorgia. Mi permetto di calcare la mano dicendo che se a stento ci fidiamo delle aziende medio piccole quotate sulla borsa italiana, figuriamoci un azienda non quotata che quindi ancora di più può fare il bello e cattivo tempo e fare tutti gli impicci che vuole … ma è un sistema per spennare i risparmiatori!!!


  5. fabio

    6 anni fa  

    Grazie!


  6. Francesco

    6 anni fa  

    io ho trovato dei PIR con lo 0,8% di gestione, la garanzia é uguale, se non maggiore (per via del 20%in obbligazioni), agli ETF (che sono comunque variabili con la borsa…) e comunque ho necessitá di una SGR (Societá Gestione Risparmio) per acquistare gli uni o gli altri.
    Credo che il 26% di tasse in meno e soprattutto, il 6% in 6 mesi mi faciliti la decisione, se poi posso contribuire a creare un futuro ai miei figli, non ho alternative!
    Qui non posso/voglio fare pubblicitá, la mia ricerca é partita dopo il recente e illuminante seminario di Roberto a Reggio Emilia
    Grazie ancora


    • Giorgia Ferrari

      6 anni fa  

      Ottimo Francesco, una cosa determinante è proprio ricercare non fermandosi alla prima proposta dell’istituto in cui sei cliente e sapere quali parametri confrontare per scegliere l’investimento adeguato. Sono felice che il corso di Roberto ti abbia dato le basi per riuscire a farlo in autonomia.


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