Se venisse introdotto il reddito di base, continueresti a lavorare?

reddito di baseDa quando ho sentito parlare per la prima volta del reddito di base (o Basic Income) è questa la domanda che mi frulla in testa: chissà se a fronte di un reddito certo, per quanto di sussistenza, la gente continuerebbe a lavorare.

Come cambierebbe la nostra società? Come cambierebbe la vita di tanti? E tutte le promesse o le manovre politiche a cui assistiamo in questo periodo di campagna elettorale che spazio troverebbero?

A queste, e ad altre domande, sono diversi secoli che si prova a dar risposta.

Si, diversi secoli, perché, contrariamente a quanto si può pensare, il concetto di reddito di base non è un’invenzione moderna nata per contrastare la perdita dei posti di lavoro data dall’automazione e dalla robotizzazione.

L’idea, formulata fin dal 1516, ha attraversato secoli, esperimenti, società, presidenti e oceani, per approdare nel 1984 in Belgio dove ha sede il BIEN (Basic Income Earth Network). E al BIEN, da oltre trent’anni, sociologi, economisti e politici di tutto il mondo, dibattono per trovare strategie sostenibili all’applicazione del reddito di base.

Cos’è il reddito di base

È un reddito erogato in modo incondizionato a tutti, su base individuale, senza alcuna verifica della condizione economica o senza nessuna richiesta di disponibilità a lavorare.

Si distingue perciò da sussidi di disoccupazione e dai salari minimi, perché è sganciato da qualsiasi condizione sine qua non. Spetta a tutti: poveri o ricchi, uomini o donne, giovani o vecchi, come un pavimento, una rete di protezione che almeno nelle intenzioni dovrebbe azzerare le diseguaglianze, garantire giustizia sociale e smorzare, a detta dei più ferventi sostenitori, i pericolosi nazionalismi.

Il reddito di base nella storia

Quella del reddito di base è una lunga storia che si intreccia e si confonde con la nascita dei meccanismi di sostegno sociale oggi chiamati welfare.

Il reddito di base viene descritto per la prima volta nel 1516 nel libro Utopia di Thomas More: l’autore immagina un’isola in cui ciascun abitante riceve i mezzi di sussistenza senza dover dipendere da un lavoro.

Nelle ideologie della rivoluzione francese prese il nome di “assicurazione sociale”. Nell’Inghilterra della rivoluzione industriale, già a inizio ‘800 venne sperimentata con successo la concessione di un reddito di sussistenza alle famiglie povere del sud, ancora prevalentemente agricolo. Quando il governo di Londra nel 1832 fu chiamato ad estendere il beneficio a tutto il paese, truccò i risultati di quell’esperimento affermando che il reddito di sussistenza generava solo altra povertà e degrado, mettendo così a tacere le pretese di una nuova classe di poveri: gli operai salariati.

Anche nell’America della grande depressione agli inizi degli anni ’30 si portarono avanti ideali di “condivisione della ricchezza” e il presidente Roosevelt inaugurò una misura di “sostegno alle famiglie con figli a carico”.

Alla metà del ‘900 furono i futuri premi Nobel Friedman e Stiegler a ideare “l’imposta negativa sul reddito” in sigla NIT. Il sistema ricorda i principi di Roobin Hood “togliere ai ricchi per dare ai poveri” perché funzionava così: sopra una determinata soglia di reddito paghi le imposte, sotto la soglia ne ricevevi. Fu sperimentata per un paio d’anni in piccole realtà, ma il dibatto che ne seguì fu così importante che negli anni’ 70 Nixon avanzò un “piano di assistenza familiare” (FAP) che per la prima volta elargiva reddito a tutte le famiglie non distinguendo più tra meritevoli o non meritevoli. Si trattava per la prima volta di un reddito universale, ma il piano non fu mai approvato dal Congresso.

reddito di base

I casi di applicazione del reddito di base nel mondo

I tentativi di applicazione continuano anche ai nostri giorni.

Nel giugno 2016 la Svizzera ha bocciato un referendum sull’introduzione di un reddito minimo universale che avrebbe garantito 2.500 franchi svizzeri al mese (circa 2.250 euro) a ogni abitante, lavoratore o meno. Gli svizzeri lo hanno respinto con una maggioranza di quasi tre a uno: i salari medi in Svizzera sono quasi il triplo e la soglia di povertà fissata a 2200 franchi…E nonostante il risultato del referendum, la città di Zurigo a gennaio 2018 ha iniziato ugualmente a distribuire 2.200 euro mensili ai propri cittadini!

La provincia dell’Ontario, in Canada, ad aprile 2017 ha istituito il pagamento di un assegno mensile a ogni suo abitante. Non si tratta della prima sperimentazione del genere nel paese nordamericano. Già tra il 1974 e il 1979, la città di Dauphin avviò un progetto pilota che portò, secondo uno studio dell’Università di Manitoba, alla riduzione della povertà e delle spese per il welfare.

Quattro città dell’Olanda (Groningen, Utrecht, Tilburg e Wageningen) hanno adottato il Basic Income. In particolare la città di Utrecht ha avviato il progetto “See What Works”che sperimenta 4 tipi diversi di reddito di base per capire quale sia il più efficace. Nel primo vengono dati ai cittadini quasi 1000 euro al mese senza chiedere nulla in cambio e consentito loro di cercare il lavoro che ritengono più opportuno. Nel secondo viene chiesto alle persone di fare attività di volontariato (come, ad esempio, fare la spesa per le persone anziane) e prevede la riduzione della somma corrisposta nel caso in cui non facciano tali attività. Nel terzo caso l’assegno mensile aumenta se le persone svolgono volontariamente attività nel sociale. Nel quarto caso verranno dati soldi ai cittadini a patto, però, che non lavorino. Il progetto avrà una durata di due anni.

Anche la Finlandia nel 2017 ha avviato un progetto sperimentale della durata di due anni che prevede di dare 1.000 euro al mese ad almeno diecimila persone tra i 18 e i 65 anni. L’obiettivo del governo è trovare una forma di welfare che dia più garanzie ai freelance, a chi lavora part-time o su base temporanea senza riuscire a ottenere l’indennità di disoccupazione, che incentivi a cercare lavoro e riduca la burocrazia. Nonostante l’economia finlandese sia alle prese con una crisi ancora più forte di quella del 2008, il governo ha calcolato di poter fornire un reddito base a tutta la sua popolazione tagliando il sistema previdenziale.

In Gran Bretagna, la “Royal Society for the encouragement of Arts, Manufactures and Commerce” (RSA) ha effettuato una ricerca per valutare la percezione del reddito di cittadinanza da parte dei cittadini britannici dal punto di vista etico, economico, sociale e culturale. Alla fine dello studio, la RSA ha generato una proposta applicabile in tutta Europa, che prevede il pagamento di una determinata somma mensile a ogni cittadino a patto che abbia pagato le tasse per diversi anni, che sia iscritto nei registri elettorali e che contribuisca attivamente alla comunità in cui vive. In particolare, i giovani tra i 18 e i 25 anni dovranno firmare un “contribution contract” con la comunità locale che li impegna a contribuire alla crescita del comune in cui vivono attraverso la formazione, i guadagni, la cura o la creazione di un business. L’obiettivo è trovare una formula che favorisca l’investimento del reddito mensile in nuove attività che abbiano impatto nella società.

Quale futuro?

Anche se tutti gli esperimenti dichiarano formalmente di avere lo scopo di favorire l’impiego,  innescano un modo nuovo di vedere la società, in cui il lavoro non è più il perno centrale (ne abbiamo parlato anche qualche mese fa).

In attesa di raccogliere dati preziosi sull’effettivo comportamento delle persone che beneficiano di un reddito di base garantito, il dibattito è aperto a livello globale. Nel prossimi anni andrà ripensato il mondo, soprattutto quello del lavoro, con logiche completamente nuove.

Se anche nel nostro paese si cominciasse a ragionare sulla qualità e non solo sulla quantità dell’occupazione, sulle dinamiche sociali, sul come costituire le risorse per garantire a tutti un futuro meno incerto, forse cambierebbe anche la qualità delle promesse elettorali.

Per ora, è meglio che  riformuli io la mia domanda: «Ammesso che tu abbia un lavoro, se introducessero il reddito di base, continueresti a lavorare?»

Giorgia Ferrari

20 commenti

  1. Carlo OGGIONNI

    6 anni fa  

    Io sono contrario. Soldi gratis in cambio di nulla portano…al nulla. Inevitabilmente non si apprezza più niente e ho paura che ciascuno possa entrare in una noia profonda. Preferisco che con gli stessi soldi lo Stato apra una qualunque attività, anche in perdita, e spinga gli individui ad andare a lavorare. Molto più soddisfacente per la maggior parte degli individui.


    • Giorgia Ferrari

      6 anni fa  

      Ciao Carlo,
      le ricadute psicologiche e sociologiche date dall’introduzione del reddito di base sono la vera analisi da fare.
      Alcuni resoconti del BIEN mostrano che, tecnicamente ed economicamente, il Basic Income sarebbe applicabile già da ora, ma sradicare una società che ha fatto del lavoro non solo un mezzo di sopravvivenza, ma spesso di identità, avrebbe impatti devastanti a livello psicologico.
      L’impiego del tempo, il senso di utilità, la noia profonda che citi tu, per tanti sarebbero un problema enorme da gestire, hai perfettamente ragione. Ed è per questo che molti degli esperimenti in atto, affiancano la concessione del reddito di base ad attività di volontariato o di impegno sociale.


    • Andrea

      6 anni fa  

      Questa cosa viene fatta perché prima di di quando crediamo il lavoro inteso come lo intendiamo noi non ci sarà più.
      La nostra evoluzione farà si che tanti lavori spariscano e una cospicua parte della popolazione resterà senza lavoro e non riuscirà più a trovarlo.


  2. Filippo

    6 anni fa  

    L’argomento meriterebbe di essere trattato con approfondimento, non di certo buttando così la domanda, molti oggi ti potrebbero rispondere che se ricevessero 1000€ al mese di sicuro un lavoro non lo cercherebbero più, ma di quali lavori parliamo? Perchè se uno deve andare a lavorare 10/12 ore al giorno per 300/400 € al mese, ma c’è anche di peggio, è chiaro che non va più a lavorare, ma con un reddito certo per ogni cittadino, il mondo del lavoro cambierebbe e in positivo e tutta l’economia e la società sicuramente ne trarrebbe benefici.


    • Giorgia Ferrari

      6 anni fa  

      Ciao Filippo,
      è vero l’argomento merita una approfondimento più ampio di quello che si possa fare con un semplice articolo o con una singola domanda.
      Come dici tu chi da un lavoro percepisce 300/400€ al mese, sarebbe liberato dalla necessità di accettare quel tipo di salario e potrebbe non lavorare più. Oppure potrebbe cercare qualcosa di più soddisfacente o avere il tempo di qualificarsi per un impiego più remunerativo.
      Tu ipotizzi che un reddito di base di 1000€ libererebbe dall’obbligo del lavoro i sottopagati, ma se il reddito fosse 2200€ al mese come hanno introdotto ora a Zurigo? In quanti vorrebbero ancora avere un lavoro, o creare un lavoro per avere un reddito maggiore? E che diverso impatto avrebbero 1000€ dati a un abitante di San Giovanni Rotondo o a un cittadino di Roma o Milano?
      Le domande sono innumerevoli e le ricadute di ogni risposta ancora imprevedibili.
      Si interrogano da oltre 30 a livello internazionale non per nulla, ma la velocità con cui avanzano i cambiamenti ora comincia a esigere risposte.
      È già interessante vedere che per te l’introduzione di un reddito certo e universale “cambierebbe il mondo del lavoro e tutta l’economia in positivo” ma per Carlo, a cui ho appena risposto, sarebbe causa di noia profonda.


  3. Valentina

    6 anni fa  

    Io certamente non farei più il lavoro che svolgo attualmente, ma avrei finalmente la serenità per reinventarmi, sperimentare e cercare di realizzarmi facendo ciò che realmente amo. Forse anche questo è un aspetto che meriterebbe di essere analizzato: un reddito di base potrebbe mettere ciascuno di noi nelle condizioni di poter finalmente dare il meglio di sè?


    • Giorgia Ferrari

      6 anni fa  

      Ciao Valentina,
      la tua domanda è molto interessante. Avevamo parlato qualche mese fa nell’articolo sulla robotizzazione (https://www.robertopesce.com/intelligenza-finanziaria/robotizzazione-e-nuove-tecnologie-noi-speriamo-che-ce-la-caviamo/) se questo cambiamento epocale che ci attende non fosse in realtà un’opportunità per valorizzare le qualità umane/creative, i talenti, di ciascuno di noi.
      La tranquillità economica condiziona a volte esageratamente le nostre scelte quotidiane. Togliersi il peso, il rischio, del fallimento economico vorrebbe dire mettersi nelle condizioni di non avere scuse e vedere i propri tentativi di realizzazione semplicemente per quello che sono: esperienze.
      Esperienze a volte anche dolorose, perché confrontarsi con ciò che si è, o che si è in grado di fare, può essere destabilizzante. Chiedersi “che cosa posso esprimere davvero?” è una di quelle domande a cui non sempre siamo in grado o abbiamo il coraggio o anche solo la voglia, l’intenzione, di dare una risposta.
      Sono molto curiosa di sapere di cosa ti occupi ora e cosa faresti invece se avessi la serenità di sperimentare.


  4. Valentina

    6 anni fa  

    Mi occupo di gare d’appalto, un settore in cui si lavora perennemente sotto stress e su scadenze, con la massima precisione. Non esattamente un toccasana per la creatività, dato che è molto stancante e gli straordinari sono all’ordine del giorno.
    Io sono una persona riflessiva, amo scrivere, organizzare viaggi on the road in Nord America e nello scarso tempo libero collaboro come articolista a titolo gratuito con un sito che tratta di storia del West.
    Se avessi la certezza di un minimo di entrate mensili, mi concentrerei sulla scrittura, viaggerei più spesso per approfondire i temi che mi interessano in modo da poterli sviluppare con pubblicazioni, libri, magari un blog o un sito. Ora come ora mi manca soprattutto il tempo, il tempo vuoto che è la cosa più preziosa per creare qualcosa di nuovo.
    Penso che se fosse previsto un reddito di base molti “ci marcerebbero” ma, mi domando, quanto a lungo? Sicuramente dipende dal livello di evoluzione personale di ciascuno, dalla voglia di farsi la fatidica domanda “chi sono e cosa voglio davvero?”, ma credo che una buona parte di persone, esaurita una fase fisiologica più o meno lunga di ozio, sentirebbe l’esigenza di produrre valore inseguendo le proprie vocazioni, quali che siano. Ne potrebbe venire fuori una società nuova, migliore, in cui le persone potrebbero essere coerenti con se stesse e valorizzare i propri talenti, con il coraggio di fare esperienze e di sbagliare senza temere di compromettere la propria esistenza o quella della propria famiglia. Senz’altro trovo molto triste l’idea del lavoro 8-10 ore al giorno senza alcun valore aggiunto per la persona oltre al mero fine dello stipendio; diversi sono naturalmente i casi in cui il lavoro corrisponda alle proprie vocazioni, nel qual caso le ore non si contano neppure.


    • Giorgia Ferrari

      6 anni fa  

      Valentina, mi trovo molto allineata al tuo pensiero oltre che alle tue passioni.
      Nutro come te la speranza che da ogni cambiamento, seppur radicale, ne possa nascere qualcosa di buono.
      Mi auguro che anche per te ci sia modo di generare quel vuoto che ti serve per creare, viaggiare e scrivere. A volte basta solo decidere di volerlo fare, magari per una piccola parte della giornata, fosse anche solo un’ora sacrificata al sonno del mattino…
      Se in qualche modo ti posso essere d’aiuto scrivimi anche in privato.


  5. Giovanni

    6 anni fa  

    A mio figlio neolaureato gli hanno proposto un impegno a tempo pieno per 800 euro lordi. Ovviamente in un altra città. Se ci dessero un reddito di 1000 euro gli direi di stare a casa ovviamente.


    • Giorgia Ferrari

      6 anni fa  

      È sempre difficile lasciar andare chi ami e per di più per un lavoro che mi sembra di capire non lo gratifichi né economicamente né professionalmente.
      Ovviamente l’introduzione del Basic Income, se mai avverrà, non è così ravvicinata da evitare il trasferimento di tuo figlio, ma ti auguro che questa esperienza sia solo un sacrificio iniziale per costruire la sua strada.


  6. Domenico

    6 anni fa  

    Ciao Giorgia,
    io non ho dubbi in merito: smetterei immediatamente l’attuale occupazione. Sono impiegato tecnico con contratto a tempo indeterminato (da anni) e quello che posso dire nel mio caso, come in molte altre situazioni, è che si assiste ad una totale spersonalizzazione dell’attività con lavori inutili all’azienda stessa, ripetitive ed alienanti da svolgere in maniera passiva per volontà di questo o quel capo le cui competenze sono tutte da dimostrare.
    Percepisco altri redditi e l’aggiunta di un reddito di base mi permetterebbe di concentrarmi sulla ricerca e messa a punto di altre fonti di reddito che siano più inclini alla mia persona e alla mia disponibilità di tempo.
    Saluti


    • Giorgia Ferrari

      6 anni fa  

      Ciao Domenico, credo che la tua storia sia simile a quella di tanti.
      La spersonalizzazione e la ripetitività di cui parli sono diffuse in tantissimi lavori. Per qualcuno credo che siano anche rassicuranti.
      Mi auguro tu possa mettere a punto nuove fonti di reddito, e per questo seguendo i corsi di Roberto qualche spunto lo hai senz’altro preso, senza dover aspettare l’introduzione del reddito di base per esprimere in pieno le tue inclinazioni.
      Sono curiosa di sapere cosa avresti voglia di fare.


  7. Miriam

    6 anni fa  

    Ciao Giorgia , bella domanda e no non smetterei di lavorare perché quello che faccio mi piace ma sicuramente oltre a tirare il fiato investirei di più in aree tecnologiche e di accelerazioni di processi rivolti al benessere e alla salute che comportano digitalizzazioni e impiego di softweristi e ingegneri . Al momento il tempo impiegato a far quadrare i conti è fonte di fatica . Sono d’accordo con il sistema di erogazione di uno stipendio di base in cambio di una banca del tempo dove vengano scambiate ore in base alle proprie competenze e impegno ambientale sia esso sociale o di viabilità . Ci sarebbero persone più soddisfatte meno annoiate e più motivate a contribuire ripristinando indirettamente il senso civico ed etico


    • Giorgia Ferrari

      6 anni fa  

      Ciao Miriam,
      sono curiosa di sapere di cosa ti occupi e capire meglio cosa intendi quando parli di investire in processi rivolti al benessere. Mi sembra di intuire che tu abbia un’idea chiara, un progetto in testa.
      Condivido l’idea della banca del tempo e di abbinare la concessione di un reddito universale ad un impegno sociale.
      Negli oltre 100 commenti che questo articolo ha ricevuto su Facebook ho capito che in pochi si rendono conto del cambiamento sociologico che avverrà nei prossimi anni. Avere una visione di quello che si vorrebbe fare o del posto che si può avere nella società è un vantaggio personale.


  8. Fabio M.

    6 anni fa  

    Buongiorno a tutti,
    L’argomento è estremamente predisposto ad ampio e differente approccio. Personalmente mi vedo più in accordo con la corrente del “liberami dall’obbligo di ricerca e successivo lavoro (per sussistenza) è investirò più agevolmente nella mia crescita personale con probabile conseguente beneficio per la società in cui vivo”.

    Tuttavia è innegabile che ci sarà anche chi (per il livello di questa crescita, forse non ancora sufficiente) si adagerà sul beneficio e passerà le giornate al bar….

    Gli elementi che possono fare da ago della bilancia tra questi due estremi, sono a mio avviso 2:
    1) il TEMPO: È un fatto che i pur lodevoli esperimenti sopra citati, sono durati ancora “troppo poco” in termini di attivazione di dinamiche psico-sociali. Pensiamo semplicemente al …”confort”che potrebbe creare un’erogazione di B.I. certa per un paio d’anni (ma anche del doppio…) in relazione alla decisione di una famiglia di accendere un mutuo dece-ventennale (non parlo solo dell’acquisto di una casa …per i fan di Kiyosaki che non sarebbero comunque assolutamente d’accordo sulla scelta ?, ma anche a scopo di impresa). Oppure sulla scelta di mandare un figlio all’università.
    Ovvio che gli esperimenti servono e quindi ben vengano. Anzi più sono e più sono diversificati per caratteristiche (trovo validissima l’idea olandese di avere più “markers” di controllo e catalogarne la diversa reazione), ma la vera risposta si avrà a mio avviso solo quando si definirà – in ogni singola realtà – quale strada intraprendere per rendere veramente certa e PERMANENTE l’opportunità. È qui subentra il secondo fattore.

    2. POLITICA: Nostro malgrado, male (almeno attualmente ….in Italia) necessario.
    Immaginiamo che una forma di B.I. felicemente e finalmente sostenibile venga applicata a tutta la pololazione italiana. Ipotizzando la già fantascientifica situazione in cui i nostri rappresentanti desiderino in termini globali il benessere dei propri cittadini (quindi anche basta clientelismi, corruzione, lobby di accentramento poteri e chi più ne ha più ne metta!), dovrebbe poi legiferare con una “advanced & open mind” che oggi non mi sembra di scorgere tra le compagini presenti. Sia Vecchie e nuove (…sarà colpa della fuga di cervelli che – non trovando in Italia il “tempo vuoto” di cui parlava argutamente Valentina qui sopra – sono costretti ad andarlo a cercare altrove?❗️).

    Se così non fosse e non si impostassero regole (leggi) precise in merito, ci si può (non parlo nemmeno al condizionale…) attendere che a fronte di – supponiamo – €1.000 elargite a tutti, il mercato degli affitti ad esempio accresca immancabilmente i canoni di locazione (un po’ alla volta…così si ha l’effetto “rana bollita” e nessuno protesta!) innescando un effetto inflazionistico che nulla ha a che vedere con la reale crescita economica del paese e che – come sappiamo – ridurrebbe nuovamente il potere d’acquisto di tutti ed in particolare (di nuovo) dei beneficiari del B.I.

    Risultato? Anche se magari non per introito da tassazione (ma questo Income…verrebbe tassato?? E se si, quanto??…mah!), lo scopo primario per cui era stato istituito, ovvero la “peace of mind” dei cittadini e la loro contribuzione – in qualità di nuovi “liberi pensatori” – alla costruzione di una civiltà migliore, verrebbe miseramente a mancare.

    Pur restando positivo, la vedo (almeno nel Belpaese) ancora molto lontana…


    • Giorgia Ferrari

      6 anni fa  

      Ciao Fabio, molto bella la tua analisi sugli scenari da fantafinanza futuribile. Per ora non possiamo andare oltre il campo delle ipotesi e come dici giustamente tu, ben vengano gli esperimenti salvo che, davanti alla realtà di un cambiamento definitivo, le reazioni individuali sono spesso molto diverse da quelle che si ottengono su un progetto a termine.
      Le decisioni sul medio lungo termine, come quelle di richiedere o meno un mutuo (Kiyosaki perdoni noi italiani che abbiamo il pallino degli immobili e noi perdoniamo lui che ha esclusivamente quello degli affari) o di investire nella propria attività, potrebbero cambiare come no. L’acquisto della casa, al di là di quello che sostiene il “nemmenotroppobuon” Kiosaki, attende un bisogno di sicurezza che credo rimarrebbe. Allo stesso modo penso che un imprenditore non desisterebbe dall’investire in un’attività che ritiene proficua, solo perché dispone di un reddito di sussistenza. Ricordiamoci che si tratta di una misura che toglierebbe il problema della sopravvivenza primaria, benché per tanti sia lo stipendio medio mensile.
      Quindi, tutto sommato, non prevederei grossi effetti inflazionistici.
      Mi aspetterei di più, che l’introduzione del B.I. anziché livellare la società, come qualche sostenitore si augura, nella pratica aumenti il divario tra chi è propositivo, e ricerca un maggior benessere finanziario e chi, non ha gli strumenti o la voglia di fare di più.
      Sul fatto poi che la politica nel nostro paese si adegui ad una concessione che spazzerebbe in un mezzo secondo il 98% delle promesse elettorali, i clientelismi e un discreta fetta di corruzione, mi allineo alla tua poca speranza.
      Certo, nei prossimi anni, ci troveremo tutti a dover mettere gli occhiali per veder da lontano.


  9. Fabio M.

    6 anni fa  

    Sicuro Giorgia, gli occhiali servirebbero già ora….!

    E per quanto riguarda la politica – proprio in questa giornata elettorale – mi vien da suggerire amabilmente a tutti i Votanti: “Attenzione a dove mettete la croce…..che poi bisogna portarla ?!!”

    Una buona domenica!


    • Giorgia Ferrari

      6 anni fa  

      Una croce che staremo a vedere cosa porterà, visti i risultati…
      Una buon lunedì a te, Fabio!


  10. Fede

    4 anni fa  

    Articolo molto interessante grazie 🙂


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