Decision making: voce del verbo scegliere

decision makingQuante scelte facciamo ogni giorno? Non so come e chi le abbia contate, ma pare che siano 812.

Da cosa mangiare a colazione a che pigiama indossare la notte, le nostre giornate sono costellate di continue decisioni. Alcune inconscie altre più consapevoli.

Il decision making si occupa di definire i processi attraverso i quali, tra tutte le possibilità a nostra disposizione,  si  effettua una scelta.

Partiamo dal presupposto che tutti sappiamo prendere decisioni, non è questione di riuscirci o non riuscirci, è un dato di fatto, lo facciamo di continuo.

Quello che ci interessa oggi non è tanto la quantità delle nostre scelte, bensì quali logiche possiamo innescare per fare scelte di cui non pentirci o farle in modo più funzionale e veloce.

Esistono due grandi sistemi decisionali:

  • Uno automatico

Un sistema istintivo e di cui non ci accorgiamo ma che ci consente di decidere rapidamente quasi in maniera inconscia. 

  • Uno riflessivo

Decisamente più lento e dispendioso, questo sistema attiva la logica, la razionalità dei processi deduttivi.

La prima cosa che dobbiamo sempre tenere in considerazione è che, quando compie una scelta, il nostro cervello consuma energia. 

Quando viene messo davanti a troppe scelte, o a scelte difficili, tende a limitare i consumi e a compiere perciò la scelta più facile! 

Così preferiamo ritornare sempre nello stesso negozio dove conosciamo a memoria la posizione dei prodotti, ci sembra un’impresa titanica cambiare operatore telefonico, scegliamo la stessa marca di detersivo e nel web ci siamo abituati a comprare cliccando su “aggiungi al carrello”. 

Nelle dinamiche di scelta una delle tecniche più potenti che fa leva su questa necessità di risparmio energetico è l’opzione di default.

Le persone tendono all’inerzia, cioè a lasciare invariata una condizione iniziale, anche quando cambiarla costerebbe molto poco perché anche quel poco ci costa uno sforzo.

Pensa ad esempio al rinnovo automatico di un abbonamento.

Un esempio contrario e virtuoso che ha fatto dell’opzione di default un successo è quello della donazione degli organi in Austria. Ogni cittadino nasce donatore e solo in caso di esplicita richiesta viene tolto dall’opzione. Le percentuali di donatori è del 99%.

Oltre alla facilità e alla pigrizia, un altro fattore che influisce sui processi di decision making è l’emotività.

Anche se il sistema riflessivo, logico, può sembrarci più distaccato e imparziale di quello inconscio, in realtà è molto condizionato sia dalle emozioni che dai cosiddetti bias cognitivi. 

I bias cognitivi sono distorsioni della realtà: “giudizi (o pregiudizi) che non corrispondono necessariamente alla realtà, sviluppati sulla base dell’interpretazione delle informazioni in nostro possesso, anche se non logicamente o semanticamente connesse tra loro e che portano dunque a un errore di valutazione o mancanza di oggettività.”

Si tratta di tutti i comportamenti, le abitudini e le convinzioni che abbiamo appreso con l’educazione o dall’ambiente in cui viviamo.

Ne trovi un lunghissimo elenco su Wikipedia e qualche approfondimento a in un articolo sulla Finanza Comportamentale.

Perciò, anche quando pensiamo di valutare con la massima oggettività una situazione, non lo facciamo mai perché ci portiamo addosso un bagaglio, un peso, che ci fa inclinare più facilmente verso una determinata scelta.

Un fortissimo elemento di stress emotivo che condiziona le nostre decisioni è la mancanza di tempo. 

Se il grado di stress è troppo intenso, tendiamo ad adottare un evitamento difensivo, ovvero abbandoniamo ogni decisione rimandandola se va bene a un momento successivo, il più delle volte a mai più, diventando sospettosi e reticenti.

Consci di tutti questi elementi che influiscono come possiamo fare per giungere a scelte consapevoli e sostenibili nel tempo? 

Nella maggior parte dei casi prendere decisioni significa ragionare in condizioni di incertezza.

Non possiamo prevedere l’esito futuro delle possibili alternative a nostra disposizione. Nella migliore delle ipotesi riusciamo a stimare la probabilità di tali esiti.

Per aiutarci però, nell’ambito delle scelte logiche, possiamo utilizzare diverse strategie.

Strategie compensatorie

Una prima categoria di strategie di decision making sono definite compensatorie e includono ad esempio il modello dei pro e contro, secondo cui valutare gli aspetti positivi e negativi di due alternative e la differenza tra l’una e l’altra opzione.

Altre strategie compensatorie sono:

Invertire l’analisi del problema

Con questa tecnica analizzo il problema fornendo una soluzione e il suo opposto. Ad esempio. Se il problema è dimagrire e la soluzione è fare allenamento posso scegliere in positivo cosa significhi allenarsi ma anche vedere il problema dall’angolatura inversa chiedendomi: “cosa succede se non mi alleno?” 

In caso di problemi finanziari, potresti chiederti: “cosa comporta imparare a occuparmi in modo sano del mio denaro” e all’inverso “cosa succederebbe se continuassi a non occuparmene.” 

Questa analisi ti aiuta a vedere le cose da almeno due prospettive e facilita il processo decisionale. 

Calcolare il valore atteso e la probabilità

Un’altra tecnica di decision making consiste nel pensare ogni decisione attribuendo ad essa un valore e una probabilità, come se fosse una scommessa.

Quanto vale il vincere o perdere la mia scommessa e che probabilità ci sono di vincere o perdere?

Ammesso che a certe decisioni si possa attribuire un valore, considera che se il fare qualcosa vale 100€ ma ha una scarsa probabilità di successo, ipotizziamo del 20%, e non farla ha un valore 5€ con una probabilità dell’80%, dare valori e percentuali ci aiuta a dare una dimensione oggettiva a un problema e forse a scommettere sulla decisione meno probabile.

Il decision making è quindi strettamente connesso al ragionamento probabilistico. Per “ragionamento probabilistico” si intende un ragionamento che ci permette di stimare la probabilità che un dato evento all’interno di determinate condizioni si possa realizzare.

I pensieri del secondo ordine (second order thinking)

Un pensiero di primo ordine è basico e generale, esempio: “ho fame”.

La soluzione di primo ordine è: “mangio la prima cosa che trovo, biscotti ad esempio.”

In questa sequenza decisionale ho risolto un problema ma non l’ho analizzato in secondo ordine.

Affrontare il secondo ordine significa chiedersi “e poi cosa succede” alla fine di ogni frase.  

Nel nostro esempio: “ho fame, mangio i biscotti e poi cosa succede?”

Questa strategia ci consente di andare sempre più in profondità nelle conseguenze delle mie decisioni.

Strategie di decision making 

I modelli “non compensatori” analizzano invece le diverse scelte a disposizione secondo criteri restrittivi ed eliminatori. Il primo aspetto negativo trovato comporta l’eliminazione dell’intera alternativa.

In questa procedura le alternative meno gradevoli vengono eliminate gradualmente. 

È un tipo di strategia applicata soprattutto nel business.

Si può applicare a un progetto nella sua globalità che per aree tematiche.

Essere analitici ma non dispersivi

Se il mio progetto consiste ad esempio nel realizzare un’attività on line e mi devo occupare di: scegliere la piattaforma informatica, definire la grafica, realizzare i contenuti, pianificare il marketing e curare l’amministrazione/finanza.

Parto prima dall’analisi di tutto il processo che mi porta da A a B, cioè da non avere nulla ad avere il mio sito on line operativo e che fattura. Poi scendo nel dettaglio di ciascuna delle cinque aree. 

Mettiamo che ogni area abbia a sua volta dieci livelli di approfondimento, se  fin dall’inizio mi perdessi nei dettagli saltando da un’area all’altra, probabilmente non arriverei a nulla. 

Più sarò capace di seguire un processo ordinato e funzionale, maggiori saranno le probabilità di fare scelte consapevoli e ben ponderate. 

Applicare o meno queste strategie è un po’ come imparare a giocare a scacchi: allena la logica e la capacità di ragionamento e, nel tempo, ti facilita e velocizza le decisioni.

Oltre alla razionalità e alle strategie di decision making, ti invito come sempre a a definire chiaramente e a non trascurare mai i tuoi principi. 

Che siano principi di etica, di moralità o di sostenibilità, saranno quelli per primi a definire le tue scelte, a renderle accettabili nel lungo termine e  congruenti con ciò che sei.

Giorgia Ferrari

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