Rating: le 4 cose che è meglio sapere 

Rating: le 4 cose che è meglio sapere Nel corso degli anni ho maturato sentimenti contrastanti nei confronti del concetto di rating, poi ho realizzato che nutrire qualunque forma di emozione verso un metodo di valutazione economica è inutile e un filo patologico.

Ora che sono approdata un sano distacco stile “sei fatto così, è inutile illuderci” posso scriverne, mi auguro in modo utile, senza farmi trascinare da commenti ideologici che ultimamente si sprecano su tutto e tutti in un fastidioso e sgrammaticato lamentio.  

A convincermi definitivamente è stata la partecipazione a EASY INVESTING: il corso sull’analisi dei fondamentali tenuto con passione e una competenza rara e inestimabile dal nostro Massimiliano Trazzi.

Cos’è il rating?

Il rating è un giudizio, una valutazione, che viene espresso da un soggetto esterno sulla capacità di una persona, una società o uno Stato di pagare o meno i propri debiti.

Se vogliamo essere ancora più sintetici si può paragonare il rating a un voto sul merito creditizio cioè un voto che risponde alla domanda: ti meriti che io ti presti i miei soldi?

Se ad esempio definisco che la scala di valutazione sia da 0 a 10, dove 0 equivale a scarse possibilità di rivedere i miei soldi, mentre 10 è la certezza della restituzione, un voto, ovvero un rating pari a 1, comporta una serie di conseguenze significative che vedremo nel dettaglio.

Come funziona il rating?

Ogni soggetto incaricato di concedere credito attribuisce rating.

Quindi le banche, le finanziarie attribuiscono alle persone, alle aziende (di ogni dimensione) un rating ogni volta che uno di questi soggetti chiede denaro a debito.

Se compri il divano a rate, l’artigiano della qualità ha alle sue spalle una struttura incaricata di valutare il tuo prestito e decidere in base al rating se ti meriti o no il divano nuovo.

Così la piccola impresa che richiede un finanziamento per la propria attività, la società quotata in borsa e ancor più su lo Stato che emette i propri titoli indebitandosi di fatto nei confronti dei cittadini, sono tutti sottoposti a un voto che ha lo scopo di indicare al resto del mondo la loro qualità creditizia.

Nel caso degli Stati il voto, viene attribuito dalle celebri e discusse agenzie di rating. Le più famose sono: Standard & Poor’sMoody’s Investor Service e Fitch Ratings. Si tratta di società private participate da multinazionali che soprattutto allo scoppio della crisi finanziaria del 2008 hanno perso grandi quote di credibilità, ma non di potere.

La scala di rating utilizzata da queste agenzie è alfabetica. I giudizi variano da AAA il giudizio che indica il massimo grado di solvibilità di una società alla D che indica invece lo stato di una società insolvente.

Per questo quando si parla dei titoli di Stato italiano si dice che sono tripla b, ovvero BBB, mentre quelli dello stato tedesco sono tripla a, AAA.

Il rating così formulato ci dà immediatamente una sintesi del livello di rischiosità creditizia: in questo caso ci dice che i titoli tedeschi sembrerebbero più tranquilli per i risparmiatori, che non vuol dire più redditizi come vedremo più avanti…anzi.

Il rating non è un valore assoluto: ogni agenzia esprime il proprio giudizio. In linea di massima si discostano poco.

Come si calcola il rating?

Come detto ogni agenzia di rating, ma anche ogni Banca e ogni finanziaria si è dotata di un proprio modello di calcolo composto da una scala di classificazione e da criteri che concorrono al risultato.

Non c’è quindi una formula matematica che dia un valore assoluto, ma possiamo identificare degli aspetti importanti per tutti.

  1. La solidità patrimoniale: quanto capitale ho per fronteggiare i momenti bui? (tema di forte attualità)
  2. L’equilibrio finanziario: incasso abbastanza da pagare i miei debiti?
  3. Qual è l’utile che sono in grado di produrre? Cioè pagati tutti i costi cosa mi rimane?
  4. Come mi sono comportato finora. Ho sempre pagato puntualmente o ho avuto dei ritardi o altri problemi di insolvenza? Le banche controllano la movimentazione del conto per capire se c’è un’operatività sana: cioè nessuno sconfino ed entrate certe.
  5. Grazie alla centrale rischi (nel caso delle aziende) o di Crif (nel caso dei privati), vedono come mi comporto sul sistema bancario o finanziario. Quindi che livello di indebitamento complessivo sto sostenendo e se faccio fronte agli miei impegni che ho preso con altri.

L’elenco non è certo esaustivo, ma ci consente un buon quadro e ci fa capire che il rating è costituito sia da elementi quantitativi che qualitatitivi. 

A ogni elemento viene dato un voto, un peso, e la somma che ne esce determina il rating.

Perché il rating è importante per tutti?

Il rating è importante perché in base al “voto” che ottieni paghi. Più il tuo rating è buono meno sarà il tuo tasso di interesse.

Viceversa se il rating è negativo, è probabile che tu non ottenga credito o lo ottenga solo a un costo molto alto.

Le banche hanno tabelle con spread (nel senso bancario lo spread è il loro guadagno da applicare alle varie operazioni) crescenti per ogni fascia di rating.

Gli interessi che paghi rappresentano il costo del rischio che corre chi ti fa credito e, per le banche, vanno a copertura di tutta una serie di accantonamenti imposti dalla Banca d’Italia con lo scopo di rendere più prudente la concessione del credito.

In altre parole il rating rappresenta uno dei fattori che determinano il costo del prestito e le conseguenti condizioni di rimborso. 

Per uno Stato peggiore è il rating che gli viene attribuito, maggiore è il tasso di interesse che quello Stato deve pagare per attrarre capitali dagli investitori alimentano così il proprio indebitamento in un circolo vizioso da cui sarebbe bene tentare di uscire.

Se sei titolare di un’impresa conoscere come la tua Banca calcola il rating è utile per capire su quali fattori intervenire per migliorare e ottenere perciò migliori condizioni oltre che più facilità di accesso al credito.

Se invece sei un investitore il rating rappresenta la rischiosità del tuo investimento e ti aiuta a monitorare il valore nel tempo. Se un titolo che hai in portafoglio subisce un downgrade (cioè un peggioramento del voto) consideralo un segnale di attenzione benché non sia il solo elemento da considerare.

La storia ci ha mostrato che l’affidabilità delle agenzie di rating, nel fare o non fare i downgrading, non è granitica (vedi il caso emblematico di Lehman Brothers) e che i downgrade o gli upgrade non sono mai da prendere come segnali di COMPRA o VENDI.

Analizzare i dati di un’azienda e valutarla in autonomia è il vero segreto di qualunque investimento durevole e ben fatto come insegna Warren Buffett (il più grande investitore vivente) preso a modello nel corso EASY INVESTING. 

Solo la pandemia ha scombussolato le carte a Mr.Buffett, ma l’evento eccezionale non appanna di certo un metodo che funziona da una vita con lodevoli risultati: capire in profondità quello che stai facendo.

 Giorgia Ferrari 

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